Era il 409 a.C. quando Selinunte, una delle più splendide e ricche città della Magna Grecia, fu saccheggiata e distrutta dai Cartaginesi.
La città greca sorgeva su tre piccole colline in vista del mar d’Africa, nella Sicilia occidentale ed occupava una vasta area. Il suo nome deriva forse dal nome greco del prezzemolo selvatico, selinon, molto diffuso nella zona.

Selinunte, il tempio E
Era un’epoca in cui le contese fra le diverse città della Sicilia erano frequenti e sanguinose e sulla sponda opposta del mediterraneo Cartagine era una città ricca e potente che si alleava ora con questa ora con quella. Una flotta di centomila soldati cartaginesi assediò la città aleata di Siracusa e nemica di Segesta, la distrusse e la incendiò, uccise decine di migliaia di suoi cittadini e molte migliaia ne fece prigionieri.
Selinunte non si risollevò più completamente, la città fu ricostruita, ma condusse un’esistenza più modesta e fu completamente abbandonata nel 250 a. C. durante la I guerra punica, quando Cartagine la distrusse nuovamente.
Gli splendidi templi testimoni della passata grandezza crollarono in seguito a un devastante terremoto e della potente città ridotta a un cumulo di rovine si perse anche il ricordo, le sue pietre servirono come cava di materiali da costruzione.
La visita del luogo è suggestiva ed emozionante, una delle maggiori mete del turismo internazionale in Sicilia.
La maggior parte dei templi risale al VI secolo a. C., molti sono di dimensioni gigantesche. Sono stati contrassegnati con lettere dell’alfabeto perché la loro attribuzione a un dio è incerta. Fra questi il tempio E era quello in condizioni migliori, pertanto fu in parte ricostruito.
Il tempio G era il più gigantesco, misurava più di 110 m di lunghezza, più di 50 di larghezza e le sue colonne erano alte 16 metri. Ne rimane in piedi solo una, circondata da un ammasso impressionante di rocchi di colonne, capitelli, frontoni precipitati al suolo.
Il tempio probabilmente non fu mai completato per la distruzione della città.
Una drammatica testimonianza di ciò ci deriva dalle Cave di Cusa a circa 11 chilometri dall’antica città. Erano le cave da cui si estraeva la pietra per costruire; qui, circondati da grandi olivi, in un ambiente solitario e suggestivo, si possono vedere ancora gli enormi rocchi di colonna probabilmente destinati a completare il tempio G.
Sono in diverse fasi della lavorazione, alcuni già completamente sbozzati, altri ancora non del tutto isolati dalla roccia, con i segni degli scalpelli che li stavano lavorando, abbandonati quando l’assalto dei cartaginesi mise fine alla storia della città.
Testimoni muti e per questo ancora più toccanti della tragedia di più di 2400 anni fa.
