Alberi severi con il loro verde cupo perenne, affusolati e altissimi, a Roma si chiamano “gli alberi pizzuti” e “andare agli alberi pizzuti” nel gergo romanesco vuol dire morire, andare al cimitero.
Fin dai tempi degli antichi Greci infatti sono stati considerati alberi sacri legati al mondo dei morti e al culto degli dei inferi ed hanno adornato i luoghi del riposo eterno. Su tombe etrusche sono raffigurati i defunti con al lato due cipressi. I Romani hanno continuato questa tradizione legandoli al culto di Plutone. Questa preferenza aveva anche una ragione pratica perché i rami di cipresso per il loro intenso profumo venivano utilizzati per la cremazione dei corpi.
Anche ai nostri giorni adornano i cimiteri romani, quello monumentale del Verano, il più recente cimitero di Prima Porta, il cimitero acattolico della Piramide.
Si possono comunque trovare in moltissime aree archeologiche e di verde pubblico, affiancati da altri alberi tipici del paesaggio romano come i pini.
Al centro del Circo Massimo un cipresso solitario fu piantato nel luogo dove al tempo degli imperatori era una meta, una delle due basi semicircolari intorno alle quali giravano i carri durante le gare.
Sono alberi molto longevi, nei giardini del Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano (Piazza dei Cinquecento) sopravvivono ancora i cipressi che secondo la tradizione Michelangelo avrebbe piantato quando lavorava alla realizzazione della Basilica di Santa Maria degli Angeli e del Convento dei Certosini, ricavati dal complesso imponente delle Terme di Diocleziano.