Il fiume Tevere servì inizialmente come linea di confine fra popoli diversi, i romani sulla riva sinistra, sui famosi sette colli, i sabini e gli etruschi sull’altra riva; la necessità di comunicare e fare scambi con questi popoli indusse i romani all’epoca del re Anco Marzio, intorno all’anno 614 a.C., a realizzare un ponte fatto esclusivamente di travi di legno, il Ponte Sublicio, sublicae era il nome volsco delle travi, probabilmente dove già era presente un ponte costruito molto prima della nascita di Roma.
Quando i rapporti fra i romani e i popoli vicini si fecero tesi il ponte però poteva consentire al nemico di attraversare agevolmente i confini. La tradizione ci narra che Orazio Coclite lottò da solo contro l’esercito etrusco proprio sul ponte Sublicio mentre i compagni alle sue spalle lo distruggevano per impedire a Porsenna di riportare al potere Tarquinio il Superbo, il re etrusco scacciato.
L’antico ponte in legno fu distrutto più volte dalle piene del fiume, il Tevere è infatti sempre stato un fiume a regime torrentizio, soggetto a piene rovinose. Tacito parla di quella del 69 d.C., che distrusse il ponte e provocò morti e carestia. Fu ricostruito su pilastri di pietra e poi più volte restaurato. La struttura attuale del ponte risale al 1918, su progetto dell’architetto Piacentini.

Ponte Sublicio
Nei secoli successivi si rese necessaria la costruzione di un secondo ponte, poco distante dall’isola Tiberina, inizialmente fu costruito anch’esso in legno; nel 179 a.C. se ne affidò la sostituzione con un ponte in pietra al censore Marco Emilio Lepido da cui il Ponte Emilio prese il nome.
Il ponte fu costruito obliquamente rispetto alla direzione della corrente, in un punto in cui il fiume fa una curva. A causa della pressione particolarmente forte dell’acqua delle piene fu più volte distrutto o fortemente danneggiato e ogni volta restaurato e ricostruito, sia al tempo degli imperatori romani che nel Medioevo quando prese il nome di Ponte di Santa Maria per la vicinanza con la chiesa di Santa Maria Egiziaca. La violenta alluvione del 1598 se ne portò via una metà; da allora non fu più ricostruito e rimase con la sua malinconica arcata superstite e la nuova desolata denominazione di Ponte Rotto.
Senza il Tevere e la sua isola Tiberina Roma non sarebbe sorta in quel punto, dove il fiume era guadabile. Due ponti collegano l’isola alle sponde del fiume, il primo è il Ponte Fabricio fra l’isola e la riva sinistra.
Ne curò la costruzione Lucius Fabricius curator viarum nel 62 a.C., come si può leggere ancora su un’iscrizione incisa sul travertino dell’arco. A Roma è conosciuto anche come Ponte dei Quattro Capi dalle erme di epoca romana inserite nella balaustra all’ingresso del ponte.
Il secondo ponte è il Cestio che collega l’isola a Trastevere, fu fatto costruire da Lucio Cestio nel 46 a.C. Più volte ricostruito, l’odierno ponte fu inaugurato nel 1892.
In un mio post precedente ho parlato di ponti di Roma più periferici, uno altrettanto millenario, il Ponte Milvio ed uno modernissimo, il Ponte Armando Trovajoli.
