.…si vede il profilo della città oltre la valle, in cima a un colle che noi definiremmo montagna. È strano e seghettato, quel profilo, cambia secondo le ore del giorno, sembra che lì non ci possa essere una città vera, sembra una scultura, una fantasia di pietra, massiccia, chiusa, impenetrabile per gli uomini, chiusa da mura.
Le torri e la cupola della cattedrale, le alte mura e i pinnacoli dell’Alcázar. Là sotto si estende l’acquedotto costruito dai romani(…) Si erge lì immobile, slanciato e alto, dietro spuntano gli edifici della città, come se tutto non fosse reale, un’immagine sognata che la storia ci fa comparire davanti agli occhi per dimostrare che esiste.
Vespasiano e Traiano erano imperatori quando furono edificati questi 118 archi alti 29 metri, lunghi 728. Fino al 1974 portavano l’acqua alla città. Qui la storia non si ripete, prosegue semplicemente lo stesso cammino.
Ti inerpichi per viuzze (…) e senza che nessuno te l’abbia indicato, arrivi automaticamente all’ Alcázar. Se non sapessi che è vero, e molto antico, potresti pensare di essere capitato nel mondo delle fiabe.
(…)Inespugnabile, così sembra, così alto sopra le rocce. Torrioni appuntiti, muri compatti, e quelle strane torri di guardia rotonde come candelabri per ceri giganti che di notte potrebbero illuminare tutta la meseta castigliana.
(Verso Santiago, Itinerari Spagnoli. Cees Nooteboom, ed. Feltrinelli)
