Il monte Peglia è alto 837 m e fa parte della catena preappenninica che separa il territorio di Orvieto dalla valle del Tevere. Vi è stato istituito il parco del monte Peglia e della valle di Meana. Sulla sua sommità si gode un bel panorama sulla catena appenninica e si può sostare all’ombra di un bosco di pini.
Singolare è la storia di questo bosco: agli inizi del secolo scorso la cima e le pendici del monte erano un territorio brullo e roccioso di proprietà del conte Enrico Farina, che possedeva estesi terreni nella zona ed era convinto che anche nelle situazioni più difficili era possibile migliorare il terreno e creare opportunità di coltivazione ed insediamento umano. Dalla fine del 1916 all’inizio del 1919 il conte ottenne che circa cento prigionieri di guerra di nazionalità ungherese fossero utilizzati per piantare nuovi alberi sulla cima arida del monte. Furono messe a dimora circa 650 mila giovani piante, in prevalenza pini neri, ma anche cipressi, ornielli e frassini. Ci volle un anno per scavare le buche ed un anno per piantarle. Narrano le cronache dell’epoca che i prigionieri si erano integrati bene con gli abitanti del posto. Il bosco è oggi di proprietà demaniale, gestito dalla comunità montana.
Scendendo lungo la strada Marscianese si arriva nel paese di S.Venanzo. Nell’area 265 mila anni fa erano attivi due vulcani, nel cratere di uno dei quali, finita l’attività eruttiva, si formò un lago, ora asciutto. I due vulcani sono conosciuti in ambito scientifico internazionale per la rarità del materiale eruttato, la venanzite, che in passato veniva utilizzata per fabbricare mole da mulino o frantoio.
Un sentiero naturalistico con pannelli informativi permette il giro di uno dei crateri, passeggiata piacevole ed interessante.
