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la polenta e la scifa

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Il mais fu introdotto in Europa da Cristoforo Colombo. Pochi anni dopo si era diffuso in Spagna, grazie alle sue alte rese rispetto al grano. Da qui si diffuse in Francia e in Italia diventando da metà del settecento il principale se non unico alimento dei contadini. Oggi il suo consumo è meno diffuso, ma quando fa freddo una polenta calda con sugo di salsicce o spuntature di maiale fa sempre piacere!

Ecco allora che ho tirato fuori le scife, i piatti allungati di legno in cui la polenta mantiene il suo sapore e il suo calore. Un termine comune nel centro sud d’Italia, forse di origine greca, che indica i recipienti di legno in cui si condivano polenta o tagliatelle, si metteva a seccare la conserva di pomodoro, si mondavano i cereali o si portavano le pagnotte di pane al forno, ricordo mia nonna che portava sulla testa la lunga scifa con il pane da cuocere, la sistemava sul cercine, un panno arrotolato a ciambella.

Le scife tradizionali erano più grandi, le mie sono in realtà delle scifette per una porzione che sono una curiosità moderna.

Mi ricordano inverni di molti decenni fa quando la domenica andavamo a trovare i miei nonni nella loro casa di paese. Mia nonna cuoceva la polenta nel grande paiolo di rame il cui esterno era annerito dal fuoco. Era appeso con la catena nel camino. Non esisteva la polenta a cottura rapida e lei la rimestava per più di mezz’ora con il lungo mestolo di legno. Io ero molto ammirata per la sua forza e per come riuscisse a non scottarsi con il fuoco.

Intanto il sugo cuoceva sul fornello, un sugo con tanti pezzi di carne di maiale e salsicce. Quando tutto era pronto mio nonno sollevava il pesante paiolo e scodellava la polenta sulla spianatoia (spianatora) di legno. Mia nonna faceva tante piccole buche e vi metteva mestoli di sugo e pezzetti della carne che lo aveva insaporito.

Tutti erano pronti seduti intorno al grande tavolo e si cominciava a mangiare la polenta davanti a sé, cercando di arrivare in fretta alla particella di carne, fra chiacchiere e risate. Ognuno faceva il suo golfo nella polenta, grande o piccolo, proporzionato all’appetito.


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