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la Riserva naturale dell’Aniene

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L’Aniene è il secondo fiume di Roma, ricco di storia come il più noto fratello maggiore. Alle porte della città si estende la Riserva Naturale della Valle dell’Aniene, parte in territorio extraurbano e parte urbano, in cui il fiume ormai in pianura scorre con molte anse, fra piccoli rilievi di tufo testimonianza dell’attività eruttiva dei Colli Albani. La Riserva presenta fauna e flora caratteristici e molte testimonianze storiche ed archeologiche: torri medioevali, antichi casali della campagna romana, resti di acquedotti, necropoli, ville, strade e ponti romani.

È un’area protetta della Regione Lazio che si estende per ben 650 ettari alla periferia nord orientale della Capitale, fra la via Nomentana e la via Tiburtina fino alla confluenza dell’Aniene nel Tevere a Monte Antenne. Uno straordinario e consistente polmone verde per due aree urbane densamente popolate, molto frequentato da famiglie con bambini, cani con i loro padroni, ciclisti e persone che voglio camminare o correre all’aperto.

Passeggiando a poche decine di metri da strade trafficatissime e dai quartieri fitti di palazzi è possibile incontrare greggi al pascolo

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e resti romani, in questo caso una villa patrizia dell’epoca tardo repubblicana di cui rimangono grossi blocchi di tufo ed una cisterna.

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Il  fiume scorre fra la vegetazione ripariale: cannucce, tife, pioppi, salici, olmi. Nei fossati crescono le lenticchie d’acqua e l’iris acquatico.

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Nel quartiere di Montesacro il ponte Nomentano risale al tempo dell’antica Roma e probabilmente ha assistito all’episodio della secessione della plebe e dell’apologo di Menenio Agrippa. Fu distrutto dai Goti e poi ricostruito dai Bizantini, nel Medioevo fu provvisto di torri e merli. Secondo la tradizione qui Carlo Magno incontrò il papa quando giunse a Roma per essere incoronato imperatore nel Natale dell’800. L’ho fotografato durante una piena; l’ampia zona golenale disabitata evita che si verifichino danni alle persone ed alle cose nei casi non infrequenti in cui il fiume esonda.

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Verso la via Tiburtina la zona umida della Cervelletta ospita una fauna ricca e diversificata tra cui il granchio di fiume, indicatore di acque pulite. La zona ha un passato storico interessante: la torre della Cervelletta risale all’epoca medioevale come punto di vedetta lungo la via di accesso  Roma; nei pressi della torre il casale del XVI secolo fu sede di sperimentazione dell’uso del chinino come cura e profilassi della malaria. Al suo interno è stato allestito un museo della civiltà contadina.

Molti giovani alberi appartenenti alle specie autoctone come lecci, corbezzoli e aceri furono piantati nel territorio del Parco per compensare le emissioni di anidride carbonica sul territorio italiano, secondo gli intenti del protocollo di Kyoto.

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Nella riserva vivono molti animali selvatici, è possibile incontrare l’istrice e la volpe, nel fiume e nei canneti vivono e nidificano germani reali, aironi cinerini, martin pescatori, cormorani, gruccioni ed altre specie legate all’acqua.



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