Recentemente abbiamo visitato l’isola di Gorgona, la più piccola e la più settentrionale del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. L’isola dal 1969 è sede di una colonia penale e questo fatto caratterizza fortemente la visita che non può essere libera, ma deve avvenire necessariamente in gruppi accompagnati (per prenotare una visita ci si può rivolgere alle guide di Toscana Trekking). Questa circostanza anche se limitante per certi aspetti, risulta un arricchimento per altri.
Uno dei limiti è quello di non poter fotografare una volta sbarcati, quindi le mie foto sono fatte esclusivamente dalla barca, all’andata ed al ritorno. L’isola si raggiunge in circa un’ora di navigazione partendo dal porto di Livorno, è subito visibile ed i suoi contorni si fanno via via più nitidi man mano che ci si avvicina, è prevalentemente montuosa, con il rilievo più alto che raggiunge i 255 m; dal punto di vista geologico “un frammento di Alpi in mezzo al mare” per le analogie che le rocce dell’isola hanno con alla catena alpina occidentale.
Lungo il tragitto in barca non è difficile avvistare qualche delfino, il tratto di mare si trova infatti all’interno del “Santuario Internazionale dei Cetacei”.
Ormai quasi giunti al porticciolo appare il villaggio dei pescatori, l’unico insediamento “civile” dell’isola, con le vecchie case e la chiesetta sullo sfondo. Attualmente l’isola ha una sola residente stabile, un’anziana signora che è fortemente legata alla sua terra.
L’isola fu abitata fin dalla preistoria, anche se probabilmente non in maniera stabile. Sicuramente fu frequentata dagli Etruschi che dominavano il mar Tirreno e che la utilizzarono come punto di riferimento nella navigazione verso nord, per riparo e per i rifornimenti di acqua e cibo.
I Romani si affermarono sugli Etruschi già dal IV secolo a.C. sostituendoli nel dominio del mar Tirreno. Dal I secolo a.C., sconfitta la pirateria in tutto il Mediterraneo, i ricchi patrizi cominciarono a farsi costruire splendide ville in tutti i più bei luoghi del Mediterraneo, a Gorgona sono rimaste le rovine di una di queste dimore che avevano tutti gli annessi per l’agricoltura.
Nel Medioevo sull’isola si insediarono a più riprese asceti, eremiti e monaci, continuamente minacciati dalle devastanti incursioni piratesche che li costrinsero più volte ad abbandonare l’isola, nonostante il presidio di Pisa affermatasi come Repubblica marinara.
Nel 1284 nelle acque della Meloria, fra Livorno e l’isola avvenne la tragica battaglia fra Pisa e Genova in cui la flotta pisana fu annientata, terminò così la sua egemonia come Repubblica marinara. Le incursioni dei pirati ripresero e continuarono per secoli ad minacciare qualunque insediamento sull’isola. In alto è visibile la Torre Nuova fatta costruire da Firenze nel XVII secolo a protezione del porto. La fortificazione, insieme alla Rocca Vecchia del XIII secolo, ci racconta dell’importanza strategica della piccola isola collocata a poca distanza dal porto di Livorno.
Una volta sbarcati la visita è piacevole ed interessante, un’escursione alla portata di tutti fra vegetazione spontanea tipica della macchia mediterranea, in cui abbonda soprattutto il rosmarino e coltivazioni antiche e recenti. I detenuti infatti curano i terrazzamenti coltivati a viti ed olivi, fra questi bellissimi sono alcuni alberi secolari, piantati sicuramente dai monaci.
Si allevano inoltre bovini, suini, pecore e capre, sotto la guida di Marco Verdone, il veterinario che da vent’anni si dedica ad insegnare metodi di allevamento rispettosi degli animali e dell’ambiente, come modo per rieducare i detenuti ed reinserirli nella società. Negli ultimi mesi alcuni animali destinati al macello sono stati “graziati” ed ora vivono una vita libera sull’isola, un modo per rendere dignità anche a loro, come condizione irrinunciabile per darla agli esseri umani.
In questa isola infatti il regime carcerario è ideale, pur con tutte le restrizioni della libertà, i detenuti vivono tutta la giornata all’aria aperta impegnati ognuno nel proprio lavoro; oltre a chi si occupa dell’allevamento, degli orti e delle altre colture, ci sono muratori, cuochi che lavorano nel forno dell’isola, si produce vino ed un ottimo formaggio. Hanno persino collaborato negli scavi archeologici, dopo aver seguito un corso. Per questo lavoro ricevono un compenso, che sarà loro utile per riprendere la vita libera.
Durante la passeggiata ci si affaccia su scorci di cale a strapiombo sul mare e si possono visitare le stalle ed avvicinare gli animali. la sosta per il pranzo sotto i pini è piacevole con l’ottimo cibo preparato nel forno dell’isola dai carcerati stessi.
In estate è poi possibile farsi un bagno nella spiaggetta dei pescatori, prima di riprendere il viaggio di ritorno.
Allontanandosi in barca è piacevole dare un ultimo sguardo al profilo della piccola isola così ricca di testimonianze di un passato remoto, recente e di un presente in cui l’uomo cerca di ritrovare un equilibrio con se stesso, con i propri simili e con l’ambiente.
Le notizie che sono in questo post le ho tratte quasi tutte dal bel libro di Angiolo Naldi “L’isola di Gorgona”.