“Quando, oltre il crinale, la strada piegò verso valle ed io fui costretto a prendere commiato dalla vista dello specchio lacustre, il sole, già vicino al tramonto, era impegnato in una lotta con pigri banchi di nuvole gialle che, lentamente, lo circondarono e lo inghiottirono. Io mi fermai a guardare, riposando, gli eventi favolosi che si susseguivano nel cielo.
Dal bordo di un greve banco di nubi si irradiavano, verso l’alto e verso est, fasci di luce giallo chiaro. Repentinamente tutto il cielo si accese d’un rosso tendente al giallo e lo spazio fu attraversato da incandescenti strisce purpuree; contemporaneamente le montagne si tinsero di blu e, sulle sponde del lago, le canne secche e rossiccie divamparono come un fuoco nella brughiera.
Poi tutto il giallo scomparve e la luce rossa si fece calda e mite e prese a giocare, celestiale, con le deliziose nuvolette portate dal vento, scorrendo in mille vene, eleganti e rosate, fra cortine di nebbia grigio opaco, il cui grigio lentamente si fondeva con il rosso, dando luogo a una tonalità di lilla indicibilmente bella.
Il lago si fece blu scuro, quasi nero.
Quando si concluse quello spasmo di colori, così bello da essere quasi doloroso, la cui infuocata fugacità, su vasti orizzonti, ha sempre un qualcosa di trascinante ed ardito, mi girai verso l’interno e, con mio stupore, mi trovai davanti un fresco paesaggio vallivo, già completamente immerso nel chiarore vespertino. (Herman Hesse – Pellegrinaggio d’autunno)