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risaie e risotti

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Le risaie sono un ambiente particolare e suggestivo, che mi ha incuriosito ed attirato anche perchè non ne esistono dalle nostre parti. La Lomellina situata fra Piemonte e Lombardia, bagnata da tre grandi fiumi: il Po, il Ticino ed il Sesia, è la terra, insieme alla Bassa milanese, dove si produce la maggior quantità di riso italiano. Coltura di antica tradizione, probabilmente introdotta da monaci cistercensi nel quattrocento ed estesa nel 1550 da Gian Galeazzo Sforza. È poi entrata nella nostra cultura attraverso canzoni popolari e film che testimoniano il massacrante lavoro delle mondine.

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La risaia è un ambiente creato dall’uomo che ha sfruttato la presenza dei fiumi per allagare i campi, in modo che le piantine sommerse non risentano dell’escursione termica fra notte e giorno sfruttando le proprietà fisiche dell’acqua di assorbire e rilasciare lentamente il calore. Pertanto si sono creati canali, solchi, argini, rogge che convogliano l’acqua dei fiumi in modo da allagare i campi in alcuni periodi dell’anno e mantenerla ai livelli desiderati, per poi farla defluire quando le esigenze del ciclo colturale lo richiedono.

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Pur essendo ambienti artificiali posseggono una flora ed una fauna molto ricca grazie anche a tecniche colturali che permettono il mantenimento di un ambiente adatto ad organismi legati all’acqua anche nelle fasi  in cui le risaie non sono sommerse. Si sono così lasciati fossi in cui l’acqua è sempre presente, ai margini dei campi restano i filari di alberi, pioppi, ontani e piante palustri. Frequenti sono gli aironi e si può anche incontrare l’ibis sacro. Pantani e laghetti danno rifugio ad anatidi ed altri uccelli che vivono e nidificano vicino all’acqua.

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La coltivazione del riso in Italia ha dato origine a ricette che sono entrate a far parte delle nostre tradizioni culinarie, prima di tutto il risotto, piatto tipicamente italiano, anche se da noi il consumo di riso è meno di un quinto del consumo della pasta.

La sottospecie di riso che si coltiva in Europa è l’Oryza sativa japonica che ha chicchi più corti di quella asiatica, l’Oryza sativa indica. Il riso europeo, a differenza di quello asiatico, durante la cottura assorbe acqua e si gonfia diventando leggermente appiccicoso è perciò indicato per i risotti, gli sformati e le minestre. Ne vengono coltivate circa trenta varietà che riescono a soddisfare anche i palati più esigenti.

Ho trovato la ricetta che segue su un pannello in uno dei musei del Castello Sforzesco di Milano, risale al 1550, ma mi sembra attuale e da provare.

Vivanda di riso alla lombarda

  • 600 g di riso
  • 500 g di mozzarella
  • 2 l di brodo
  • 6 rossi d’uovo
  • 200 g di pecorino grattato
  • cannella in polvere
  • burro

Lessare il riso nel brodo bollente e quando è cotto scolarlo. Imburrare una teglia da forno, porre un primo strato con circa un terzo del riso, disporvi sopra metà della mozzarella a fette, un terzo del pecorino, una generosa spolverata di cannella.

Fare un secondo strato di riso su cui si scavano 6 fossette in ognuna delle quali si dispone un rosso d’uovo con un pizzico di sale. Sopra si distende la restante mozzarella, metà del pecorino che resta e ancora si spolverizza di cannella.

Si fa un ultimo strato di riso su cui si spolverizza il restante pecorino e si dispongono fiocchetti di burro.

Si mette in forno caldo per 10-15 minuti in modo che i rossi d’uovo si cuociano senza rassodarsi troppo.



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